LAURA CHIATTI E MARCO BOCCI: LA NOSTRA PRIMA VOLTA INSIEME IN UN FILM

Primo film insieme per Marco Bocci e Laura Chiatti, felicemente sposati da 9 anni e genitori di due bambini. Si intitola La Caccia, ed è un racconto duro e intenso scritto e diretto dallo stesso Marco Bocci alla sua seconda prova da regista dopo il fortunato A Tor Bella Monaca non piove mai. Li abbiamo incontrati a Roma all’anteprima del film che, interpretato da Laura Chiatti, Pietro Sermonti, Paolo Pierobon, Filippo Nigro e Peppino Mazzotta, oggi viene presentato al Riviera International Film Festival e da domani è nelle sale.

Com’è stato lavorare per la prima volta assieme su un set?

Ci hanno sgamato quasi subito sul set che stavamo insieme – scherza Marco Bocci – a dire il vero, all’inizio era strano, nonostante avessimo addirittura deciso, quando giravamo fuori Roma, di prendere due camere d’albergo diverse, io la mia stanza, lei la sua, per essere totalmente professionali. Poi è chiaro che lo spirito era di grandissima condivisione con tutti, soprattutto la sera quando ci ritrovavamo a cena a condividere idee, commenti sul set, aspettative per il giorno dopo, percorsi psicologici dei personaggi, così che in un attimo ci siamo dimenticati di far finta di non essere una coppia e siamo tornati ad esserlo. Anche se sul set poi, in realtà, ci è venuto d’istinto essere due estranei, non so come spiegarti, cioè attrice e regista, è stato molto spontaneo e anche molto bello, sai, ho conosciuto Laura sotto un ulteriore punto di vista.

Ha conosciuto l’aspetto di me più beato – interviene Laura Chiatti – perché poi a casa sono più fumantina. Ed è vero, avevamo pensato di separarci per fare il film e poi di tornare insieme… Sul set invece sono molto disciplinata, e amo essere diretta perché poi quando mi autogestisco faccio dei gran casini. Per cui credo che lui abbia amato tutto questo, dominare in qualche modo… ma si può dire? No perché ormai… si può dire che sul set abbiamo rispettato i ruoli?

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Il riferimento scherzoso è naturalmente alle critiche ricevute dall’attrice per aver dichiarato a Domenica In che non permette al marito di aiutarla nelle faccende domestiche perché l’eros ci rimette e quindi di mantenere in casa i tradizionali ruoli uomo-donna. Ma a proposito di ruoli…

La Caccia è un film duro che racconta di quattro fratelli alle prese con un trauma infantile e con l’educazione rigida e severa di un padre che ha rovinato le loro vite. Tu interpreti Silvia, è lei la più fragile di tutti?

Sicuramente, essendo la più piccola, Silvia ha accusato il colpo in maniera molto più violenta, ed ha avuto meno strumenti per elaborare nel tempo il dramma. Essendo poi una donna, ha sicuramente espresso di più le sue fragilità e lo ha fatto anche attraverso il suo percorso di tossicodipendenza. Ma è stata anche quella più coraggiosa, che ha inciampato ma ha saputo rialzarsi e, a differenza dei fratelli, è andata dritta verso un obiettivo che sapeva potesse salvarla. Lei ha ricordato le uniche parole che potessero darle speranza pronunciate da un padre autoritario che ha cresciuto i suoi figli con le regole della caccia, e che un giorno le ha detto: ‘adesso tutto questo ti sembra tremendo e insormontabile, ma quando sarai grande e avrai dei figli, capirai e sarà tutto più leggero’. Per questo lei vede la maternità come qualcosa di salvifico.

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Marco, La Caccia non è un film autobiografico, ma nasce comunque da qualcosa che ti è accaduto nella vita, e cioè dalla malattia che ti ha colpito quattro anni fa e che ha cancellato molti ricordi della tua infanzia…

Sì, tutto è cominciato da lì. L’idea di raccontare questa storia è nata nel momento in cui mi sforzavo di ricordare aneddoti che non riuscivo più a ricordare, e ho fatto il ragionamento opposto: e se invece fossi fortunato perché magari nella mia infanzia o adolescenza c’è qualcosa che avrebbe contaminato la mia esistenza ed è stata una fortuna averla dimenticata senza neanche accorgermene? Mi sono quindi immaginato la storia di quattro fratelli che però facevano l’opposto, cercavano cioè di dimenticare un aneddoto particolare che aveva contraddistinto la loro infanzia e distrutto le loro vite.

Io  ho assistito alla nascita di questo progetto – conclude Laura – e leggendo il personaggio di Silvia mi sono quasi sovrapposta a lei, perché ho percepito che Marco scrivesse in realtà Silvia in concomitanza con degli aspetti di me che lui conosce molto bene e che io potevo trasformare in qualcosa di potente per supportarla.

Patrizia Simonetti

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