SARAH FELBERBAUM: INTERPRETARE TINA ANSELMI È STATO UN VIAGGIO MERAVIGLIOSO

Tina Anselmi – Una vita per la Democrazia. Si intitola così il film TV diretto da Luciano Manuzzi che Rai 1 manda in onda, e non a caso, la sera di martedì 25 aprile, Festa della liberazione dell’Italia dal nazifascismo.

“Se vuoi cambiare il mondo devi esserci” diceva Tina Anselmi, partigiana a 16 anni, sindacalista in difesa delle operaie, prima donna ministra in Italia, prima del Lavoro poi della Salute, Presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2. Spesso unica donna in un mondo di uomini, a lei si deve la spinta verso l’emancipazione femminile, la creazione della Commissione Pari Opportunità, l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Tutto comincia quando nel 1944, appena adolescente, viene portata insieme a tutti gli studenti di Bassano del Grappa, a vedere 31 uomini impiccati dai tedeschi. Quel giorno Tina capisce che per cambiare il mondo non si può restare a guardare, bisogna agire. Ad interpretare una delle donne più importanti del nostro paese e della nostra storia, è Sarah Felberbaum.

Sarah, Tina Anselmi è il primo personaggio realmente esistito che interpreti, e lo fai dai suoi sedici anni fino alla maturità, dal primo entusiasmo all’impegno politico. Cosa è stato per te?

Un viaggio meraviglioso e una grandissima opportunità. Non solo è il primo personaggio realmente esistito  che ho interpretato, ma è anche un lavoro diverso dal punto di vista attoriale da tutti i miei lavori precedenti. Avere la possibilità di interpretare una donna dai 16 anni ai 56, e fare un lavoro sul corpo, sul viso, invecchiare e usare le parrucche, è stato divertente, gratificante, ma molto impegnativo, però è il nostro lavoro. Ho avuto la possibilità proprio di respirare questo mio lavoro in un modo diverso.

Nonostante fosse cattolica, Tina Anselmi aprì la strada all’emancipazione femminile e firmò anche la legge sull’aborto, dimostrando grande flessibilità, e soprattutto era nota la sua gentilezza nel fare politica…

Per la mia umile opinione, è così che secondo me dovrebbe essere. Lei era cattolica, però la donna politica era laica, era giusta, poteva non condividere la legge sull’aborto, ma Tina Anselmi donna politica doveva portare avanti la promessa che aveva fatto a uno stato laico, era un politico laico, ed era giusto accettarla e firmarla. E’ sempre stata così, ha sempre lavorato in quella direzione, ed è affascinante, perché vuol dire che si può fare, non è una contraddizione, è giusto.

Qual è stata la scena che ti è piaciuto di più girare, magari legata a un momento particolare della vita di Tina Anselmi?

Sono due in realtà le scene che mi hanno dato maggiore soddisfazione, quelle in cui lei scopre il rapimento di Aldo Moro e poi la sua morte, perché sono due momenti in cui racconto una Tina leggermente diversa, mostrando un’umanità che sì, c’è sempre stata, ma che era vera, aveva grazia anche nella sofferenza. Sapeva anche perché erano accadute determinate cose e le scelte che lei stessa, in prima persona, aveva preso, per cui una vera sofferenza, ma con grandissima dignità.

E com’è stato per te entrare nei panni di una sedicenne ribelle e partigiana?

Quello è uno dei momenti del film in cui racconto sempre la stessa donna, ma con una forza e un’energia diverse che crescono man mano che va avanti con l’età. Se ci penso adesso a una sedicenne che lotta, che si mette in prima fila, che rischia la vita, non so se potrebbe accader, forse no o forse sì, ma forse se ne parlerebbe di meno. Ma è importantissimo portare avanti il messaggio, raccontarlo, perché la memoria è corta e dobbiamo sempre rinfrescarla.

Patrizia Simonetti

 

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