PAOLA E CHIARA MADRINE DEL ROMA PRIDE: UN SOGNO CHE SI AVVERA

Un serpentone gioioso e colorato attraverserà oggi pomeriggio la città di Roma, da Piazza della Repubblica ai Fori Imperiali, passando per Via Cavour, Santa Maria Maggiore e il Colosseo. È il corteo del Roma Pride 2023 che rivendica a pieno titolo diritti uguali per tutti al grido di Queeresistenza, slogan della manifestazione di quest’anno che attende in piazza un milione di persone. Presenti con carri allegorici, musica e striscioni più di 20 Associazioni e realtà lgbtqia+, riunite nel Coordinamento Roma Pride. Madrine del Roma Pride 2023 sono Paola e Chiara e la loro Furore, presentata a Sanremo, è l’inno di questo Pride.

Riunitesi dopo dieci anni, hanno ritrovato l’amore dei fan più fedeli e conquistato quello delle nuove generazioni. Il loro album Per sempre, uscito il 12 maggio scorso, va alla grande e i loro quattro concerti tenuti tra Milano e Roma sono stati altrettanti successi, e ora si preparano per un tour estivo. Prima però il corteo arcobaleno e il concerto di questa sera a Rock Me Pride, il party ufficiale del Roma Pride, che per la prima volta nella storia si svolge a Rock in Roma, il tempio della musica Rock. Le abbiamo incontrate.

Cosa significa per voi essere le madrine del Roma Pride 2023?

Intanto vogliamo ringraziare la comunità LGBTQIA+ per la forza e il coraggio che ha da sempre. Ci ha ispirato tante volte non solo per la musica, ma per l’atteggiamento, per il fatto di essere resiliente in un posto che spesso non è aperto a tutte le diversità e le sfumature dell’arcobaleno, ed è qualcosa da ammirare. Queste persone sono per noi un’ispirazione costante, quindi questo invito che ci arrivato per il Roma Pride è il coronamento di un sogno vero e proprio che è nato già tanti anni fa, perché l’amore con la comunità è nato sin da subito. Noi abbiamo aperto il primo Pride a Milano nel 2001 quando eravamo veramente quattro gatti, eravamo in pochi, ed essere pro community non era poi così fancy o cool come può essere oggi. Però abbiamo sentito subito un legame fortissimo. Forse è stato qualcosa quasi inconscio.

Un’affinità che avete sempre provato?

Da sempre. L’ispirazione che abbiamo avuto sempre sin da piccole guardando i video dei musicisti e degli artisti che amavamo, ci portavano sempre in una direzione ben precisa, e le tematiche che affrontavamo, senza saperlo, scrivendo le nostre canzoni, riguardavano sempre l’esistenza, il cambiamento, l’evoluzione, l’essere liberi, il liberarsi da qualcosa. Eravamo attratte da questa idea di libertà e nel tempo siamo rimaste attaccate a questa idea di vita che gli esseri umani devono avere per andare verso la felicità e la libertà di essere ciò che si è. E questo la comunità non smette mai di ricordarcelo con le sue manifestazioni pacifiche, con il suo essere sfavillante, scintillante, con il farsi vedere, mostrarsi. Ed è qualcosa che chi non ha subito discriminazioni in questa vita, non può capire. E che invece chi ha subito l’essere messo da parte, snobbato, guardato in modo non convenzionale, capisce bene.

Come definureste la comunità LGBTQIA+?

Ha una forza incredibile, ha l’energia, la bellezza, tutto quello che è LGBTQIA+ è non soltanto esteticamente bello, ma è bello dentro, è affascinante, è un mondo meraviglioso. Spesso chi invece ne ha paura o guarda con sospetto questo tipo di manifestazioni, è perché non conosce. La paura è sempre frutto dell’ignoranza. Credo che quello sia il seme dell’odio e della rabbia, cioè la paura che è annidata o in ognuno di noi e che va sradicata con un’educazione al bello, all’avere uno sguardo democratico nei confronti del mondo. Quando si smetterà di pensare all’io e al prevalere sull’altro, e si inizierà a pensare in termini di comunità, allora forse inizieranno a cambiare le cose. E lo si può fare solo attraverso le istituzioni. E non si può prescindere da uno stato che difende la comunità e i diritti.

E come definireste la vostra partecipazione al Pride e il vostro legame?

Per noi la nostra presenza qua è un atto di condivisione, non solo nel fare festa, ma anche nel celebrare quelle che sono le rivendicazioni dei diritti, il fatto che la società possa avere questa grande opportunità di essere più giusta, inclusiva e rispettosa. Il nostro è quindi un atto di condivisione, nella festa e nella riflessione.

Nel pomeriggio sfilerete sul carro di Muccassassina e canterete Furore, cosa farete stasera invece al Rock me Pride? Ci saranno delle sorprese?

Sarà una bella sorpresa, ma non vogliamo svelare nulla. Anche se la sorpresa più grande sarà sicuramente il pubblico. In queste prime quattro date che abbiamo fatto di questo tour che sta iniziando, è stata enorme la sorpresa che ci ha fatto la gente cantando, noi potevamo anche smettere di farlo per tutto il concerto e far cantare loro. Ed è stato commovente.

Com’e stato tornare insieme dopo tanto tempo e avere quasi più successo di prima?

Dopo questi 10 anni di lontananza l’una dall’altra, questo ritorno è stato come una scossa elettrica di energia, di amore, ha risvegliato delle cose reali nelle persone. Ce ne sono alcune che ci hanno scritto che una delle cose più belle del nostro concerto è la sensazione di essere in un posto safe. E questa è stata una cosa bellissima da un lato, ma tristissima dall’altro: è bellissimo che qualcuno possa venire a un concerto di Paola e Chiara e sentirsi al sicuro, però vuol dire che fuori non ci si sente. Ed è bellissimo offrire dei posti come la sfilata del Pride o alcune discoteche o alcuni luoghi che sono stati la casa di persone allontanate dalla famiglia e dalla società e che hanno trovato un’altra famiglia che le ha accolte. Noi ci sentiamo un po’ madri, ci chiamano madri, anche se biologicamente non lo siamo, ma si può essere madri in mille modi. Non bisogna per forza partorire biologicamente un figlio.

Il concetto di madre va oltre tutto e non dovrebbe appartenere a sesso, separazione… la madre è la madre, ti accoglie, ti abbraccia e ti sostiene. E questa cosa di essere uno spazio sicuro per tanti giovani che vengono ai nostri concerti e che non ci hanno mai vissuto realmente, è bello. Siamo state raccontate dalle loro mamme e adesso ci dicono ‘noi vi abbiamo ascoltate sempre, ma non c’eravate, e adesso possiamo venire ai vostri concerti ed è qualcosa di magico. Ed è una macchina del tempo un po’ particolare che ha sorpreso anche noi, una  connessione tra generazioni. E il fatto che ci dicano ‘qui mi sento al sicuro, non mi sento sbagliato’, deve farci riflettere. M chi è che ti fa sentire sbagliato, cosa c’è di sbagliato in una persona che ama un’altra persona dello stesso sesso? Nell’amore non c’è errore o vergogna, sei libero di amare chi vuoi e di sentirti felice di essere quello che sei.

Patrizia Simonetti

 

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