Dopo La Porta Rossa, finalmente varcata da Cagliostro, Lino Guanciale rientra nei panni del Commissario Ricciardi, detective brillante grazie anche al suo segreto, e uomo schivo nonostante le donne lo trovino affascinante, sia nell’aspetto esteriore che in quello più profondo.
La seconda stagione della serie, sempre tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, al via lunedì 6 marzo su Rai 1, ci riporta quindi nella Napoli degli anni Trenta tra omicidi, indagini e questioni di cuore. E se è vero che Ricciardi ha deciso di non sposarsi e non avere figli per non trasmettere loro la sua maledizione, e cioè la capacità di vedere le vittime di morte violenta e ascoltare le loro ultime parole, è anche vero che alla fine senza amore la vita è dura anche per lui. E poi alle due pretendenti rivali, la dolce Enrica (Maria Vera Ratti) e la sensuale Livia (Serena Iansiti) si aggiunge ne Il Commissario Ricciardi 2 anche la contessa Bianca Palmieri di Roccaspina (Fiorenza D’Antonio), peraltro la donna più bella della città, con cui Ricciardi percepisce un’affinità e una fiducia reciproca che sarebbe davvero un peccato sacrificare. Riuscirà dunque Luigi Alfredo Ricciardi ad abbandonarsi all’amore? Lo abbiamo chiesto a Lino Guanciale.
I lettori appassionati della serie letteraria lo sanno già, perché noi calchiamo sempre il solco dei romanzi, ma va detto che Ricciardi ha aperto ormai molti varchi nella propria corazza eretta contro il mondo esterno e questi varchi sono destinati ad ampliarsi e radicarsi. Ricciardi è uno che ha molto da imparare su come perdonarsi per ciò che è, e in questa seconda stagione si vede un bel percorso a riguardo.
Ricciardi è terrorizzato dalla sua maledizione, ma già all’inizio di questa seconda stagione si imbatte in qualcun altro che ha a che fare con i morti, forse anche questo lo aiuterà
Capire che la sorte che ha è in qualche modo connessa con quella di qualcun altro, di certo lo aiuterà non dico a normalizzarla, che di normale c’è ben poco nella maledizione di Ricciardi, ma a relativizzarla. Non credo che abbia esagerato le implicazioni della sua maledizione, perché ci sta assolutamente che per proteggere gli altri e il futuro di eventuali figli voglia astenersi dal generare ulteriore dolore. Il punto è che poi comprenderà che ha diritto ad essere felice e che nella vita la sofferenza è un dato ineliminabile. Non soltanto per Ricciardi a cui ne tocca tanta, anche per il sobbarcarsi di tanta sofferenza altrui dal momento che questo dono lo condanna a percepire ad ogni angolo di strada migliaia di vittime al giorno di morte violenta. Eppure, nonostante questo, la vita vale la pena di essere vissuta fino al fondo delle proprie possibilità, in termini di realizzazione, di felicità e di gioia personale.
Il Commissario Ricciardi è un lungo romanzo di formazione sentimentale, adesso siam nella fase in cui inizierà ad elaborare il tutto.
E comunque sia, beato tra le donne… ma come mai tutte lo vogliono?
Ma poi malgrado sé stesso, perché non è che faccia alcunché… (ride) C’è da dire però che non sono donne casuali, ma che in modi diversi sono tutte dotate di una sensibilità e di un’intelligenza straordinaria, e che percepiscono quanto non si trovino davanti a una specie di sociopatico, ma ad un essere profondamente empatico, profondamente segnato da un dolore che non perdona a sé stesso e profondamente vocato, in realtà, al contatto con gli altri. E di questo io credo si innamori chi si innamora di Ricciardi, o si appassioni a lui chi lo osserva come spettatrice o spettatore. Nonostante tutto non parliamo di uno che si è arroccato dentro una fortezza di distanza dagli altri, ma ha trovato un suo modo per avere cura degli altri e del mondo che lo circonda. Io penso che le donne che gli si avvicinano lo fanno perché percepiscono perfettamente questa straordinaria capacità umana.
Insomma, perché è bello dentro e bello fuori Ricciardi… come Lino Guanciale…
(Ride di gusto) Eh sì, e con o senza ciuffo…
Patrizia Simonetti