Per il Rendez-Vous, il Festival dedicato al cinema francese che si svolge ogni anno a Roma, abbiamo incontrato Valeria Bruni Tedeschi, protagonista de L’attachement, il film d’apertura della kermesse diretto da Carine Tardieu che uscirà al cinema a settembre con No.Mad Entertainment.
L’attrice italo francese interpreta Sandra, una donna alla quale la vita che si era creata, fatta di indipendenza e solitudine, viene sconvolta dal dramma della famiglia della porta accanto, dove una giovane madre muore di parto lasciando il marito solo con un precedente figlio di lei, ancora piccolo, e la neonata Lucille. Alex, così si chiama il vedovo, in preda alla confusione e alla disperazione, trova inaspettatamente appoggio in Sandra che, a sua volta, aprirà il suo cuore a quella famiglia sfortunata, sorprendendo persino sé stessa.
“Sandra cambia nel corso della storia – ci racconta Valeria Bruni Tedeschi sorseggiando un tè nella sala assolata del Roof dell’Hotel Sofitel – Lei si è costruita una corazza per non soffrire e grazie alla quale può vivere sola. Non ha bisogno di una storia d’amore forte, di tanti amici, è indipendente, serena, tranquilla, però non vive veramente. E pianiopiano penso che questa corazza si sgretoli un pochino e che riesca ad accettare di attaccarsi a un bambino, a dei bambini e ad altre persone, senza però voler avidamente qualcosa. Lei non vuole farsi una famiglia e non vuole una storia d’amore, però si lascia fare dalla vita”.
L’attachement è un film molto bello, intriso di emozioni e sentimenti che ci commuovono e ci toccano da vicino. Sandra inizialmente è molto restia alla confidenza, soprattutto quella che le chiede il piccolo Elliot dal quale sarà invece presto rapita. In questo continuo resistere alla sopraffazione dell’affetto e dell’attaccamento, Sandra verrà persino rimproverata da lui per non sapere nulla di bambini, non avendo figli. Ma bisogna per forza di essere madri per amare?
“Personalmente devo dire che i miei bambini mi danno un senso della vita e un’allegria meravigliosi, sono la cosa più importante per me, ma non è un obbligo averne, sono io che mi sono costruita la mia vita così. Ciascuno cerca di dare un senso alla propria vita e non c’è una ricetta. E poi si può avere un legame molto forte e molto bello anche con bambini che non sono i propri figli”.
“Sì, e questa è una cosa che ho in comune con Carine Tardieu, la regista de L’attachement. Sono i nostri figli arrivati in questo modo qui, per cui conosciamo tutte e due questo legame molto forte che non è biologico o di sangue, ma il legame è lo stesso, è come ci si arriva che cambia, noi ci siamo arrivate in un altro modo. E questo penso che sia anche sotterraneamente quello che lei racconta nel film, di questo legame fortissimo e non del sangue, di queste famiglie che ci inventiamo per vivere, per dare allegria alle nostre vite, per dare calore”.
E gli amici?
“Anche gli amici per me sono la mia famiglie e anche questo mio lavoro per me ha senso a seconda degli amici che mi crea. Per me il fatto di fare un film con Valeria Golino ha molto senso, così come l’aver incontrato Pietro Marcello che è diventato un amico facendo il film Duse, perché per me non c’è frontiera tra il lavoro e la vita. Per me una cucina in cui ci sono degli amici e una cucina in cui si è soli, hanno temperature diverse”.
Sandra sembra completamente l’opposto della Principessa Gaia di Brandiforti che interpreta nella serie Sky L’arte della gioia diretta, appunto, da Valeria Golino
“Sono diverse ma sono tutte e due me, sono le due registe che mi hanno lasciato andare in direzioni opposte. Valeria mi ha sguinzagliata mentre Carine mi ha sempre contenuta. Per Gaia, il fatto di lavorare sulla cattiveria mi ha ricordato un po’ il personaggio de La balia di Bellocchio, c’è questa crudeltà, questa gioia nella cattiveria, ed era nuovo per me. Mi è piaciuto essere cattiva perché io sono cattiva e non me lo permetto, è stato un po’ un campo da gioco il set di quella serie”.
Patrizia Simonetti
Foto di Patrizia Simonetti