LA VERA STORIA DEL PANE ALLA “DISGRAZIATA” DI DON MINICO

 

Tutti conoscono  Don Minico, il re dei Peloritani, lui è scomparso  nel 2015,  ma la sua “invenzione” ovvero la pagnotta alla disgraziata si perpetua a tutt’oggi  sui Peloritani.

Sono tanti ancora i messinesi -ed i messinesi che tornano in città in estate-che soprattutto in questi giorni si recano nella famosa Casa di Cura per gustare  la mitica pagnotta.

Come nasce una tradizione…

Poco dopo la prima guerra mondiale Minico (all’anagrafe Domenico Mazza) iniziò a lavorare giovanissimo come garzone in un forno di Gesso. Lui aveva il compito, molto faticoso, di caricarsi la cesta sulle spalle e portare il pane di casa a Messina.

Durante il lungo viaggio  Minico si fermava proprio nel punto dove oggi sorge il locale, qui  conobbe il signor Di Stefano che forniva il lievito di birra al panifico di Gesso dove  lavorava. Il signor Di Stefano per incrementare i guadagni si fermava in quel posto e vendeva  gazzose alle persone di passaggio.

Le vendeva in una carretta ma le bibite a temperature ambiente non piacevano ai clienti che invece le volevano fresche ed i guadagni erano scarsi.  Fu così che Don Minico  tornando dalla città portò il ghiaccio al signor Di Stefano per raffreddare le gazzose e da allora tutto cambiò.

Anni dopo il signor Di Stefano si stancò di questa “doppia attività” e cedette la carretta per vendere le bibite a Don Minico.

Il successo della nuova attività sui peloritani lo spinse a lasciare il forno di Gesso e con il figlio Paolo iniziò la nuova avventura.

A casa la moglie di Don Minico Donna Razia, grazie alla disponibilità dell’autista del bus faceva arrivare al marito ogni giorno una bella truscia con dentro una ricca pagnotta condita i prodotti sott’olio che lei stessa preparava a casa.

Fra i clienti anche l’allora assessore regionale all’agricoltura Germanà che per sostenere l’estro imprenditoriali di Don Minico gli regalò una baracchetta di legno, che fu portata proprio nel luogo dove oggi sorge il locale.

Inconsapevolmente stava già nascendo qualcosa….

Sui Peloritani non si mangiava mai da soli, c’erano gli operai della forestale, i cacciatori che accettavano l’invito di Minico, ma anche qualcuno che faceva ….il furbo. Un cacciatore infatti approfittando della bontà di don Minico spesso gli rubava il pranzo.

Stanco dei suoi “furti”, Minico per metterlo a bada decise di fargli uno scherzetto. Un giorno mise nel pane del peperoncino piccantissimo e quando il cacciatore ignaro lo addentò disse: Mi futtusti Minico stu pani è disgraziatu comu a ttia! Picchì non ci vinni e i cristiani?

Fu proprio il cacciatore “a fare accendere la lampadina” a Don Minico e lanciare l’idea di quella che oggi è diventata la pagnotta alla disgraziata.

L’evoluzione nel tempo

Al pane oltre ai sott’oli prodotti rigorosamente home made e l’immancabile peperoncino si aggiunsero il formaggio semi stagionato ed il salame locale a fette, ed oggi la pagnotta è quella che tutti conosciamo.

Intanto  quella che era una baracchetta nel tempo era divenuta un vero e proprio luogo d’incontro per i messinesi, si arricchì di spazi per fare stare bene gli avventori che al fresco dei peloritani con un buon bicchiere di vino potevano gustare il mitico pane di Don Minico.

Lui stesso in rigoroso camice bianco e con Donna Razia, il figlio Paolo ed altri componenti della famiglia accoglieva il pubblico nella sua casa di cura dove ognuno aveva il suo ruolo per “curare il malato” . E spesso la sera si organizzavano feste, eventi e musiche per rallegrare i clienti.

Il successo proseguì negli anni. Nel 2003 con decreto ministeriale la pagnotta alla disgraziata è stata inserita con decreto ministeriale del 2003 tra i PAT, ovvero i prodotti agroalimentari tradizionali ed inclusa nelle prestigiose guide della Michelin e del Touring  Club.

Una grande soddisfazione per una specialità veramente artigianale che nel tempo è divenuta è anche storia e tradizione della città di Messina. E l’appuntamento sui Peloritani continua ad essere imperdibile in ogni momento della stagione.

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