SE QUELLE PIETRE POTESSERO PARLARE…

In occasione delle Giornate FAI di Primavera, in corso di svolgimento fino ad oggi, i messinesi stanno finalmente riappropriandosi di una parte della propria storia custodita all’interno del recinto del Museo Regionale.

Dopo il sisma del 28 Dicembre 1908 tutto ciò che si poteva recuperare tra le immani macerie della Città fu fatto portare dal soprintendente Antonio Salinas nella Spianata dei Greci annessa a quello che rimaneva del Monastero del SS. Salvatore all’Archimandritato.

I dipinti e la statuaria di pregio fu custodita nella vicina filanda Mellinghoff mentre il materiale lapideo, proveniente da palazzi, chiese e monasteri, fu accatastato a cielo aperto in attesa di un possibile rimontaggio. Purtroppo, gran parte di questi materiali rimasero per decenni nella spianata.

Una catalogazione dettagliata di questi reperti fu affrontata in maniera coraggiosa dalla direttrice Maria Accascina ma poi con la costruzione del nuovo museo questi manufatti furono spostati e qualcosa fu rimontato ma tanto rimase accatastato. Per la prima volta i messinesi grazie alla direzione del Museo Regionale ed al FAI stanno visionando reperti che non sono stati mai resi fruibili, in particolare gli spazi esterni della parte posteriore della struttura museale.

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Fruibili per la prima volta tanti reperti recuperati dalle macerie del 1908

Tantissimi i reperti che fanno parte della grande storia della città, quasi come le ossa di un grande gigante. Portali, stemmi, statue, sarcofagi, tabernacoli che se potessero parlare racconterebbero dei fasti di una città che non fu seconda a nessuno.

Di particolare fascino il cortile interno della filanda Mellinghoff che custodisce portali come quelli medievali di San Domenico e della SS. Annunziata di Castellamare o quelli rinascimentali di Santa Maria di Basicò o Santa Maria la Scala.

Presenti anche gli stemmi dello spagnolo Don Henrico Henriquez e del cardinale messinese Pietro Isvalies. Nel giardino prospicente il prospetto principale si hanno vari reperti come gli obelischi egizi della cattedrale, la porta in pietra di una antica tomba a camera ritrovata a Largo Avignone, due delle Quattro Fontane, capitelli del Duomo, elementi architettonici di Palazzo Grano o i portali delle chiese di San Giovanni dell’Università o della medievale chiesa di Sant’Agostino.

Monumentale lo stemma in marmo di Vincenzo Di Giovanni, Duca di Saponara, Principe del Sacro Romano Impero e Corriere Maggiore del Regno di Sicilia. Poi negli spazi posteriori, dove i visitatori accedono per la prima volta, i giovani ciceroni delle scuole della città guidano alla conoscenza di importanti manufatti.

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Portali, stemmi, sarcofagi e colonne che parlano della Messina di un tempo

Spicca il medaglione del già citato Vincenzo Di Giovanni proveniente dalla chiesa di Santa Teresa o lo stemma del Vicerè Juan Francisco Pacheco Tellez-Giron Fernandez de Velasco, Duca d’Uzeda, Conte de La Puebla de Montalban, Marchese de Montealbo, proveniente dal Bastione Don Blasco della Zona Falcata.

Lo stemma di Messina

Tra i cumuli presenti in questa parte del percorso spiccano i capitelli e le colonne del convento di San Domenico, le colossali porzioni di uno stemma del Regno delle Due Sicilie o la particolarissima soglia in marmo rosso di epoca normanna del Duomo.

Non mancano una serie di portali e architravi come quello di Santa Caterina Valverde. Colossali i resti dell’abside maggiore della Chiesa monastica dell’Archimandritato dove ancora notevoli sono i segni del terremoto. Una benemerita iniziativa che ha ridato a tanti messinesi la consapevolezza della propria grande storia con la speranza che questi spazi esterni, come i depositi interni, possano essere resi fruibili tutti i giorni dell’anno.

 

Marco Grassi

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