In Città si custodisce questa particolare reliquia del papà di Gesù
Oggi è la Festa del Papà nel giorno in cui si festeggia il padre putativo di Gesù. Messina è Città Mariana per eccellenza per quell’epistolare vincolo sancito il 3 giugno del 42 d. C.
Possiamo dire che anche San Giuseppe è di casa a Messina.
Sicuramente grande è la devozione dei Messinesi verso il Protettore Universale della Chiesa, Giuseppe tra l’altro è ancora uno dei nomi più diffusi in riva allo Stretto ed il Santo è stato elevato nel 1775 dal Senato anche a Compatrono della Città.
Ma vi è anche un particolare ed unica reliquia che Messina ha il privilegio di possedere da secoli ed al solito è poco conosciuta e valorizzata. Nella chiesa di San Giuseppe, dell’omonima antica confraternita dei falegnami, che sorge in Via Cesare Battisti si custodisce in un prezioso reliquario in argento e cristallo di rocca il presunto anello giornaliero di San Giuseppe.
Come ben sappiamo delle reliquie non si ha certezza di autenticità ma di anelli attribuiti a San Giuseppe in tutta Europa se ne contano solo tre. Quello di fidanzamento si trova nella Cattedrale di Notre-Dame di Parigi, quello nuziale che San Giuseppe avrebbe regalato a Maria nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia ed infine quello giornaliero conservato a Messina. L’anello messinese giunge in riva allo Stretto nei primi anni del XVI secolo quando il nobile Don Filippo La Rocca lo riceve in dono dall’Arcivescovo di Barcellona.
Il prelato catalano consegna sul letto di morte la preziosa reliquia al nobile messinese sottolineando l’importanza del dono in quanto l’anello era in possesso alla sua famiglia per quasi tre secoli. La reliquia giunse a Messina e rimane per quasi un secolo nel palazzo La Rocca custodito da Filippo, poi dal figlio Paolo ed infine da nipote Cristoforo.
Risale al 1618 la donazione dell’anello di San Giuseppe alla confraternita dei falegnami
Proprio quest’ultimo decide di donare il 9 aprile 1618 l’anello alla Confraternita di San Giuseppe dei Falegnami di Messina, rappresentata dai Rettori del tempo: mastro Francesco Lazzaro, mastro Nino Ferrara, mastro Francesco Silipigni, mastro Francesco Villari, mastro Adamo Garbinò e mastro Antonello Di Blasi.
La consegna fu autenticata da un atto pubblico redatto dal notaio Gregorio Comunale con l’impegno da parte della Confraternita di non cedere mai la reliquia e di farla indossare solo ai malati per impetrare la guarigione.
L’importante reliquia, nonostante le ingiurie del tempo e della storia, ancora oggi si conserva nella chiesa di San Giuseppe di Messina ed un tempo veniva anche portata in processione ogni 19 marzo insieme al simulacro argenteo del Santo.
L’anello, totalmente sconosciuto ed ignorato, conferma la grande importanza del patrimonio storico – religioso della città di Messina che andrebbe sempre più valorizzato e promosso. Solo ultimamente è stata segnalata l’importanza da chi scrive rintracciando dopo secoli, presso l’Archivio di Stato di Messina, il documento notarile originale del 1618 proprio nell’anno in cui cadeva il quattrocentenario della donazione. A conferma che l’anello poteva essere indossato dai malati, il reliquario che lo custodisce è stato realizzato in modo che all’occorrenza può essere aperto per estrare il particolare manufatto.
La Confraternita dei Falegnami viene fondata nel lontano 1485 raggruppando i mastri d’ascia di bottega, i mastri d’ascia di noce e i mastri d’ascia della Marina. Già l’anno dopo si stabilisce nella preesistente chiesa di San Giuseppe, sita nei pressi del Palazzo Reale. In questa chiesa il 18 marzo 1516 l’Arcivescovo di Messina Antonio La Lignanime riuscì a far sancire una pace tra la nobiltà peloritana dopo anni di lotte.
A ricordo di questo evento vengono dipinti sul soffitto dell’edificio di culto tutti gli stemmi araldici delle famiglie messinesi. Nella prima metà del XVI secolo Polidoro Caldara da Caravaggio realizza per la chiesa dei falegnami un dipinto di San Giuseppe col Bambino, rivestito nei secoli successivi di un prezioso rivestimento in argentea. Il dipinto molto danneggiato si conserva nei depositi del Museo. Il 16 maggio 1638 in occasione di una grave pestilenza fu portato in processione il quadro di San Giuseppe col Bambino di Polidoro per le principali vie della città e si registrarono numerosi miracoli.
Importante è la storia della chiesa e della confraternita di San Giuseppe di Messina
Nel 1770 è Console della Confraternita lo scultore Letterio Buceti cui è attribuita la realizzazione dell’attuale statua processionale che solo nel marzo del 1902 verrà rivestita da una spessa lamina d’argento cesellato per voto di Don Nunzio Magliani. Lo storico Gaetano La Corte Cailler ricorda nel suo diario i grandiosi fuochi pirotecnici che per tradizione venivano esplosi lungo la Palazzata durante la processione del fercolo di San Giuseppe quando questo appariva nel Teatro Marittimo. Questi fuochi per consuetudine venivano offerti dalla ricca famiglia dei Costarelli che discendevano proprio da una antica famiglia di falegnami.
Il 28 dicembre 1908 il secolare tempio viene gravemente danneggiato dalla furia tellurica. Dopo l’immane disastro i confrati edificarono prontamente una chiesa baracca nei pressi della loro diruta antica chiesa ma in seguito furono ospitati prima nella chiesa di Sant’Elia e poi in quella dell’Annunziata dei Catalani.
Il 9 febbraio 1935 i confrati acquistano una porzione dell’isolato 295 dove viene edificato l’odierno luogo di culto. Il progetto fu redatto dal confrate geometra Letterio Bottari e firmato dall’ingegnere Francesco Barbaro e la costruzione fu affidata all’impresa dell’allora governatore cavaliere Giuseppe Saccà.
Il 29 gennaio 1938 la nuova chiesa viene benedetta dall’Arcivescovo mons. Angelo Paino. Proprio il 1 maggio del 2018 in occasione dell’ottantesimo dell’apertura al culto, ma anche del quattrocentesimo della donazione dell’anello, il rettore del tempo Mons. Mario Di Pietro e la Confraternita guidata dal Governatore Domenico Irrera organizzarono nuovamente la processione con la speranza che si possa ripristinare definitivamente questa antica processione messinese.
Marco Grassi