ANTONIO MARIA JACI E LA MERIDIANA DEL DUOMO DI MESSINA

Ricorre oggi l’anniversario della morte dello sfortunato matematico messinese

Il 5 Febbraio 1815 cessava di vivere, ormai cieco e in una angusta baracca dell’attuale Piazza Casa Pia, l’illustre matematico e astronomo messinese Antonio Maria Jaci.

Tanti i meriti di questo studioso peloritano ma l’opera che gli diede più soddisfazioni sarà la perfetta meridiana che fino ai bombardamenti anglo-americani del 1943 si poteva ammirate nel Duomo di Messina.

La meridiana di Antonio Maria Jaci.

Antonio Maria Jaci era nato il 15 Ottobre 1739 a Napoli dal napoletano Nicolò e dalla messinese Agata Ferrara. Già in tenera età si trasferirà insieme alla famiglia a Messina. Purtroppo ben presto rimarrà orfano ma verrà accudito dallo zio materno Annibale. Presso i padri Gesuito studiò Filosofia e Scienze Naturali per poi laurearsi in Matematica, Fisica e Medicina.

Nel 1757 volle consacrarsi alla vita religiosa ma solo nel 1765 fu ordinato sacerdote grazie al sostegno economico del suo allievo Giacomo Stagno Colonna. Nel 1780 tentò di ottenere una cattedra a Napoli presso il Collegio Nautico ma alla fine si dovette accontentare della docenza in Filosofia e Matematica presso il Seminario Arcivescovile di Messina, con una paga molto bassa.

Tra i suoi studi, degna di nota e di fama mondiale, la scoperta dell’ampolletta mercuriale con la quale era possibile calcolare la longitudine in mare aperto. Purtroppo questa sua importante intuizione fu in parte copiata dall’inglese John Harrison e quindi il merito non fu riconosciuto al nostro Jaci.

Ma lo studioso pubblicò più volte i suoi particolari studi a Messina già nel 1787, nel 1798 con la prestigiosa dedica a Giovanni Acton Capitano Generale di Mare della Flotta Borbonica e poi ancora nel 1811 e nel 1813. Ampia soddisfazione ebbe almeno per la meridiana da lui realizzata nel Duomo di Messina nel 1804 che fu la seconda in Sicilia dopo quella di Palermo del 1801. Lo strumento astronomico fu commissionato dall’Accademia dei Pericolanti di cui era socio con il nome di il Sicuro. A ricordo la stessa Accademia fece porre una targa commemorativa nella stessa Cattedrale.

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Oltre a realizzare la Meridiana del Duomo scopri il modo per calcolare la Longitudine in mare

La meridiana di componeva di una ampia fascia obbliqua, incassata nel pavimento, tra il quinto arco del colonnato di sinistra e il quarto del lato sinistro, prossimo alla porta laterale su Via San Giacomo. Questa fascia era realizzata con delle lastre di marmo bianco divise in due semitavole ove al centro passava la linea meridiana. I dettagli decorativi erano a tarsia con marmi policromi che fornivano una lettura completa di tutte le effemeridi del sole.

Il fascio luminoso attraversava un piccolo foro gnomonico circolare, posto nella parete sud all’altezza di sedici mestri, indicando ogni mezzogiorno sulla fascia marmorea: il giorno, il mese, il grado dell’eclittica, la declinazione, l’altezza meridiana, l’ora del mezzogiorno ed il diametro apparente del sole. Oltre alle notizie astronomiche la merdiana dello Jaci poteva essere utilizzata sia come eliometro che per mettere a punto gli orologi per il calcolo in mare della longitudine. Per la perfezione di questo monumentale strumento astronomico l’orologiaio friulano Antonio Sebastianutti lo volle appositamente studiare per realizzare nel 1820 analoga meridiana a Trieste presso il palazzo della Borsa.

La meridiana del Duomo di Messina superò il terremoto del 1908 ma non i bombardamenti del 1943. Nei lavori di ricostruzione del nuovo pavimento non si volle riproporre l’importante strumento astronomico cancellandone totalmente la memoria. Jaci aveva fatto realizzare all’esterno del Duomo anche una piccola mridiana all’europea e due orologi meccanici. Antonio Maria Jaci finì la sua vita in estrema povertà presso una baracca costruita dopo il terremoto del 1783 e vivendo con una piccola pensione concessa dal Senato di Messina. Il suo corpo fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria di Portosalvo dove è ricordato ancora oggi da un moderno epitaffio fatto collocare nel bicentenario della morte dal noto Istituto Tecnico a lui dedicato.

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Nonostante i prestigiosi inviti non volle mai lasciare la sua Messina

Jaci nonostante gli stenti non volle mai lasciare la sua Città, pur avendo avuto negli anni inviti da personalità illustri e rinomate accademie di scienze. Ebbe a dire: La terra che mi accolse infante e si ha avuta tutta la mia vita, si abbia ancor essa le mie ceneri. Nell’Agosto del 1907, su iniziativa dell’on. Ludovico Fulci, sul luogo ove sorgeva l’ultima dimora dello Jaci fu posta una lapide commemorativa dettata dal prof. Virgilio Saccà che così recitava:

ERA QUI LA POVERA CASETTA

OVE IL 5 FEBBRAIO 1815

SPIRO’ LA GRANDE ANIMA INFELICE

ANTONIO MARIA JACI

MATEMATICO E ASTRONOMO MESSINESE

Con il terremoto del 28 Dicembre 1908 questo marmo commemorativo andò disperso. A Jaci è dedicata una via limotrofa ma potrebbe essere realizzata una nuova targa per indicare dove abitò questo insigne ma poco conosciuto concittadino.

Marco Grassi

Una pubblicazione di Antonio Maria Jaci.

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