SENSO DI SOLITUDINE E POCHE AMICIZIE: IL MALESSERE POST COVID DEI GIOVANI

Dal primo maggio sono entrate in vigore le nuove regole anti covid. Le restrizioni si sono allentate sempre di più e siamo tornati quasi alla vita di prima. Ma la pandemia ha certamente lasciato conseguenze sociali ed emotive soprattutto sui ragazzi e sulle ragazze che già si trovano a vivere quella fase evolutiva di per sé complessa e caratterizzata da molteplici compiti di sviluppo qual è l’adolescenza.

La qualità delle relazioni con i compagni di scuola è stata influenzata dai periodi di lockdown, quarantene, comunicazione a distanza, DAD.

Di certo la conseguenza più immediata del coronavirus è stata quella di averci indotti ad interrompere le nostre abituali relazioni sociali. La pandemia ha portato tutti noi a confrontarci con il tema della solitudine.

L’isolamento cui siamo stati tutti costretti ha avuto un impatto forte sulla vita di tutti noi, ma ancora di più sui bambini e sugli adolescenti che si sono visti privare di un aspetto fondante della propria vita qual è la socializzazione.

Abbiamo visto che sono aumentati alcuni disturbi come l’insonnia, la depressione, l’ansia, i disturbi del comportamento, che ovviamente hanno inciso sul rendimento scolastico e, in alcuni casi, hanno portato ad una maggiore ansia da prestazione e alla difficoltà a frequentare la scuola.

Ma la pandemia oltre a questi aspetti di certo importanti, ne ha comportato uno non meno rilevante, che è la riduzione dei rapporti sociali e il senso di solitudine.

La solitudine è un’esperienza soggettiva negativa che si instaura quando esiste una discrepanza tra il proprio livello desiderato e quello effettivo delle relazioni sociali, che può essere anche molto dannosa per la salute.

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Il senso di solitudine ha le sue radici nelle primissime esperienze relazionali con la madre. La nostra mente ma anche il nostro corpo tendono a conservare la memoria di queste primissime esperienze per tutta la vita. I bambini che non hanno avuto un’esperienza sufficientemente buona con le figure di accudimento o che hanno subito perdite precoci, spesso tendono a ritirarsi in fantasie claustrofiliche protettive e coltivano l’illusione del tempo che si ferma in un’auto-quarantena apparentemente felice.

Di certo la quarantena ha portato tutti noi ad un maggiore contatto con noi stessi, spingendoci a riflettere e in alcuni casi è servita a ritrovarsi, lontano dal frastuono e dai ritmi frenetici della vita. Ma non per tutti è stato così. Coloro infatti che non hanno un buon rapporto con se stessi hanno vissuto l’isolamento con un senso di disagio, come un vuoto incolmabile che spesso è diventato persecutorio.

Per altri invece rimanere chiusi a casa è stato più rassicurante ed ora diventa difficile riprendere la vita di prima. Come abbiamo più volte sottolineato, noi siamo animali sociali ed è a scuola che impariamo come relazionarci con gli altri. Il venir meno per un periodo così lungo di questa importante palestra di vita, in alcuni adolescenti ha creato o accentuato il senso di solitudine.

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Questo soprattutto nei ragazzi più timidi, più introversi o più fragili, che vivono realtà sociali e familiari che non li supportano adeguatamente. Le neuroscienze confermano che abbiamo bisogno di interazioni emotive abbastanza buone per svilupparci e se qualcosa, dentro o fuori di noi, ci allontana troppo dalle interazioni umane (anche quella con noi stessi) ci ammaliamo.

La solitudine può compromettere la crescita personale e condizionarne l’affermazione come adulti indipendenti. Purtroppo nella clinica ci imbattiamo sempre più in ragazzi e giovani adulti che si ritirano dal rapporto col mondo immergendosi completamente nei loro dispositivi digitali e che riducono quasi a zero i contatti sociali, ammalandosi gravemente. Questo fenomeno è noto ormai da molti anni ed è stato descritto inizialmente negli adolescenti giapponesi che sono stati definiti “hikikomori”.

La solitudine transitoria è un’esperienza comune e può essere importante in alcuni periodi della nostra vita ma la solitudine cronica o grave rappresenta una minaccia per la salute e il benessere. Ricordiamoci che solo uscendo fuori nel tempo della storia e nello stare con l’altro è possibile dare un senso alla nostra vita.

La solitudine

Che è sempre su di te

La solitudine

Che non ti abbandona mai

Nemmeno un’ora

Nemmeno un attimo

La solitudine

Non ci pensavi più

è un’abitudine

Ma che non decidi tu

Che invece sei per lei

Una libidine

La sua libidine

“La solitudine” Franco Califano

 

 

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