IL PARADISO DEI DOLCI.. LA SICILIA
Avete presente quel profumo di zucchero cotto che alcune mattine investe gli anfratti della città in maniera prepotente? O quel sapore odoroso di mela e cannella che in certe stradine la fa da padrone? La lenta, ma costante fragranza di cibi profumati che proviene dai bar, dalle pasticcerie e dai laboratori artigianali… la Sicilia è il paradiso dei dolci: cannoli alla ricotta, montagne di pignolata, frutta martorana e cornetti caldi, panna, cioccolato, vaniglia, bianco e nero, creme, gelati, granite, confetti, un mondo quasi perfetto che a Messina ha avuto uno spaccato di storia non indifferente .
LE “DOLCERIE” DELLA TRADIZIONE MESSINESE
Abbate, Doddis, Irrera, Ciarl Jeni, Scandaliato, Eden, Di Re… solo per citarne alcune, ma ve ne sono moltissime altri… elementi cardine della quotidianità che ci hanno accompagnato lungo un percorso durato parecchie vite e che, ciascuno di noi, ricorda e lega a particolari del suo vissuto.
Il culto del “dolce” è un’icona cittadina che connette tutti, dai grandi ai più piccini e che a Messina è sentita come parte vibrante dei nuclei familiari.
SERGIO DI GIACOMO CI NARRA LA STORIA…
Ce lo racconta in un saggio Sergio Di Giacomo che, grazie ad una accurata ricerca ed a tanti contributi storico-culinari, ci ha fatto attraversare una città di festa, colorata, profumata, zuccherata che tanto ci piace “assaporare”.
CON IL PARERE DI NUCCIO FAVA…
<<Chi veniva fuori passava da Messina anche solo per prendere un gelato – ha raccontato a Di Giacomo il giornalista, già direttore del Tg1 Nuccio Fava – o un dolce al Ritrovo Irrera; anche la pasticceria era un punto di riferimento importante. Mi ricordo con particolare emozione, insieme agli indimenticabili arancini di Borgia, i dolci di Venuti, come la stella cedrata natalizia, le “viennesi” con la crema, specialità davvero uniche, ma anche la prelibata gelateria e la granita di vari gusti che prendevo abitando di fronte alla pasticceria>>.
… E DI GERI VILLAROEL E FRANCO BONARDELLI
<<I maestri pasticceri più in voga erano – scrive Geri Villaroel riferendosi a Messina anni ’50 – Salvatore Irrera (dalla parte a monte della piazza dove c’erano l’omonimo Ritrovo), Billè, Venuti, Casaramona, Jeni, Doddis, Vallone, Pitrè, Carbonaro, Bottari, noto per le zuccherate e ogni tipo di biscotto… Era anche preferito il cono da passeggio con la cialda pure di cioccolata. Lo ideò Adolfo Irrera della pasticceria Dante, all’inizio a scendere, dalla via Garibaldi. Dal lato opposto, più in giù c’era l’American Bar, antesignano dei fast-food>> ed ancora <<In fondo al Viale non c’è soltanto la nostalgia per gli eleganti tavolini all’Irrera, per il profumo di brioche e caffè che invadeva la via, per lo struscio elegante e raffinato di una stagione trascorsa. C’è – estendendo il significato della bella canzone di Salvatore Trimarchi portata al successo dai Gens – il rimpianto per una città che non esiste più perché non potrebbe esistere, nelle condizioni attuali de suo particolare divenire e di quello della nazione intera>> riportava il compianto collega della Gazzetta del Sud Franco Bonardelli il 22 gennaio 2011.
IL DOLCE NEL SUO DIVENIRE
Le “dolcerie”, quindi, a Messina affondano il loro divenire in radici antiche. Nella realtà urbana, infatti, pare che, già tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del XX secolo, i viaggiatori restassero colpiti dalla presenza dei numerosi “locali di ritrovo” cittadini e dal “modo di fare tutto missinisi” nel “vivere quotidiano”, come si rileva da alcune fonti riportate nello stesso volume del Di Giacomo.
Un “modo di fare tutto missinisi” appunto che ancora oggi ci accomuna, dal “compare vieni che ti offro il caffè” al “dolcetto domenicale” immancabile sulle tavole di tutta la città.
PUNTI DI RITROVO E RIFERIMENTI
Frequentare ritrovi, caffè, dolcerie era come andare in posti di riferimento, circoli letterari in cui, nella Messina ottocentesca, si poteva incontrare la creme cittadina intenta nelle degustazioni di cioccolato, fragola, cannella, caffè bianco, cedro, torrone, “schiumocella” (antenato dello schiumone).
Anche dopo il terremoto del 1908 che sconvolse l’intero assetto di Messina, le pasticcerie continuarono a farla da padrone. Molti erano gli annunci o “Reclame” che apparivano sulle riviste dell’epoca, come il “Marchesino” per avvicinare ancora di più la cittadinanza alle prelibatezze tutte nostrane delle pasticcerie e non solo.
Molti, già all’epoca, erano i ristoranti o i caffè che, oltre a servire produzioni proprie ed artigianali, effettuavano il servizio a domicilio o il catering, a testimonianza di una Messina all’avanguardia e proiettata in avanti nei tempi.
LA MEMORIA GUSTATIVA
L’amore del “dolce al palato” è, insomma, tipico dei messinesi, è un “ricordo codificato” uno di quelli che non solo si tramando anche nell’utero materno, ma di quelli che attraversano le generazioni. E sono, infatti, di antica memoria le ricette gelosamente custodite nei posti più remoti dai Maestri pasticceri, o dalle “nonne” tutte nostrane che, assieme al lavoro dei campi e della casa erano solite deliziare i loro commensali con leccornie ricercatissime e, al contempo, comuni.
Abbiamo ancora impresse nella memoria gustativa le famosissime “zeppole di San Giuseppe”, il salame di cioccolato, i piparelli e le zuccarate, il “bianco e nero” nella sua montagna di squisitezza, la granita e il gelato…
LE DOLCERIE SCANDISCONO IL TEMPO CHE PASSA
Nelle pasticcerie sono nati e finiti gli amori, ci sono stati festeggiamenti e delusioni; i bar hanno visto “baci rubati” tra i fondi di caffè, liti, o meglio, “sciarre” e, se si parla di amore, dalle pasticceria prima ancora che da ogni altro luogo, sono nate le “dolci dediche” romantiche, con le torte a forma di cuore.
Insomma una storia, una tradizione che si allunga e si dilata nel tempo infinito e che torna ciclicamente resistendo indenne al passare dei secoli portandoci indietro con la memoria quando, bambini, entrare in una dolceria significava entrare in paradiso.