A Roma, quando fa caldo, o vai al mare o sali al Gianicolo. Non è uno dei sette colli “tradizionali” che ti fanno imparare a memoria a scuola – Aventino, Capitolino (o Campidoglio), Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale – però è più alto degli altri con i suoi 88 metri, ed è più aperto, poco abitato, con tanto verde e un belvedere mozzafiato.
In primavera e in estate, quando appoggi i gomiti sul parapetto del lungo muretto e guardi il panorama, ecco che arriva il ponentino, quel venticello leggero che sa appena di mare e che ti sposta un po’ i capelli, e tu chiudi gli occhi, inspiri e respiri… Ecco, il Gianicolo mi aiuta a respirare. Così in questo periodo in cui il fiato si fa un po’ corto dietro la mascherina, spesso verso il tramonto salgo al Gianicolo, passeggio tra i platani e le aiuole, saluto i garibaldini, mi fermo in piazza e godo della bellezza della mia città vista dall’alto: il Pantheon, Piazza Venezia e l’altare della Patria, la cupola di Sant’Agnese a piazza Navona e quella di Sant’Andrea della Valle, Piazza Cavour e il Palazzo di Giustizia, Regina Coeli… e sullo sfondo le sagome dei monti Simbruini, del Terminillo e del Velino. Poi, se mi sento in forma e ho voglia di camminare ancora, riscendo dall’altra parte seguendo la lunga strada tutte curve che porta fino alla Chiesa di Sant’Onofrio, a un passo dal Vaticano.
Da Trastevere al Gianicolo.
Certo, bisogna chiedere il permesso a Giuseppe Garibaldi: è lui il padrone di casa del Gianicolo, ospite squisito che ti mette a disposizione tutto il suo piccolo grande regno. Dopo l’unità d’Italia infatti, il Gianicolo divenne il parco pubblico di Roma dedicato al Risorgimento e ai suoi eroi. A Garibaldi è intitolata la strada che da Trastevere, passando davanti al celebre Fontanone, arriva a Porta San Pancrazio che ospita il Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibal
dina.
Alla sua destra c’è la seicentesca Villa Aurelia, primo quartier generale di Garibaldi, ora sede di rappresentanza dell’Accademia Americana, e a fianco inizia la lunga Passeggiata del Gianicolo che taglia il colle e porta quasi a San Pietro, dopo essersi trasformata da doppio viale alberato in un unico percorso a tornanti. La metamorfosi avviene a Piazza Garibaldi, il centro del Gianicolo, dove c’è il monumento equestre dell’eroe dei due mondi realizzato da Emilio Gallori nel 1895.
Garibaldi e i garibaldini.
Garibaldi non è da solo al Gianicolo, ma in ottima compagnia: lungo i viali e sparsi un po’ ovunque, ci sono infatti i mezzi busti di marmo bianco dei tantissimi patrioti, italiani e anche stranieri, che hanno reso possibile, in vari modi, l’unificazione dell’Italia, come quelli che proprio sul colle nel 1849, sotto la sua guida, hanno eroicamente difeso la Repubblica Romana contro le truppe francesi, proteggendo la città che nel 1870 ne divenne capitale, da Luciano Manara a Ludovico Calandrelli, da Alessandro La Marmora a Goffredo Mameli, autore dell’Inno nazionale, inclusi quelli dei suoi figli e nipoti.
C’è anche un omaggio in bronzo a Righetto (il busto è in realtà una copia dell’opera originale di Giovanni Stazza), un ragazzino romano saltato in aria nel 1849 disinnescando un ordigno francese. E ovviamente c’è Anita, con la sua statua realizzata nel 1932 da Mario Rutelli sotto la quale sono conservate le sue spoglie. Ho sempre immaginato, sin da bambina, che a notte fonda, quando in giro non c’è più nessuno, e fino all’alba, quando si sente soltanto il cinguettio dei passeracci romani, statue e busti si animassero, mettendosi a chiacchierare tutti insieme e ricordando le loro gesta.
Il cannone e i burattini.
Da piccola, infatti, andavo spesso al Gianicolo con i miei genitori e tra i miei ricordi di infanzia ce ne sono due particolarmente nitidi e piacevoli proprio legati all’ottavo colle: il cannone e il teatrino dei burattini. La domenica, quando c’era il sole, si arrivava al Gianicolo in mattinata, si vedeva tutti insieme lo spettacolo di Pulcinella, ci si spostava verso il cannone e ci si tappava le orecchie aspettando il botto. Poi tutti a casa a mangiare. Il cannone sta lì d
al 1904, in una sorta di rimessa sotto al muro che fa da parapetto, e da allora ogni mattina viene tirato fuori per sparare a mezzogiorno in punto. A salve, si intende. Ma fa un bel fragore che si sente anche a distanza.
Il teatrino dei burattini arrivò invece sulla terrazza del Gianicolo nel 1959 con Carlo Piantadosi, napoletano trapiantato a Roma, e sua moglie Agnese. Dopo la loro morte, due giovani professionisti, Manuel Pernazza e Alessia Luongo, lo hanno rilevato dandogli nuova vita, ma sempre nel segno della tradizione. Con il plauso del Mibact che ne ha impedito anche un ventilato spostamento in quanto “testimonianza superstite di una forma di spettacolo collegato alla storia della commedia dell’arte”. Sempre sulla piazza ci sono diversi chioschi per una birretta o un panino o un gelato da gustare guardando il panorama.
Il Faro e le Ville.
Lasciando Piazza Garibaldi e proseguendo lungo la Passeggiata, ci si imbatte nella cinquecentesca Villa Lante di Giulio Romano, che oggi ospita l’Ambasciata di Finlandia presso la Santa Sede, poi si incontra un faro bianco molto suggestivo che sembra cambiare colore a seconda del tempo, meta di serate romantiche per molte coppiette, ieri come oggi: lo dobbiamo ai nostri connazionali emigrati in Argentina che nel 1911, per omaggiare l’Italia unita nel suo cinquantenario e Roma Capitale, fecero una colletta per farlo costruire dall’architetto Manfredo Manfredi e collocare sul Gianicolo.
Fu invece in occasione del 150esimo Anniversario dell’Unità d’Italia che sul parapetto del Belvedere sono stati collocati pannelli in pietra con gli articoli della Costituzione della Repubblica Romana approvata il primo luglio del 1849, proprio mentre sul colle si combatteva per difendere Roma.
Poco più avanti quel che resta, pochissimo in realtà, della famosa Quercia del Tasso, sotto la quale il poeta e scrittore Torquato Tasso si sedeva a meditare. Sulle pendici del Gianicolo si estendono due delle aree verdi più suggestive di Roma: Villa Doria Pamphilj con la Basilica di San Pancrazio, e Villa Sciarra, un tempo bosco sacro della ninfa Furrina, dove c’erano anche gli Horti Caesaris, lasciati da Giulio Cesare in eredità al popolo romano: fu proprio in quel luogo che l’imperatore, tornato dall’Egitto con amante e figlio illegittimo, ospitò la sua Cleopatra negli ultimi due anni della sua vita. Al Gianicolo non si respira soltanto aria, ma anche tanta storia.
Patrizia Simonetti