COSA CI INSEGNA LA FINE DELLA STORIA DI MONTALBANO CON LA STORICA LIVIA?

Lunedì scorso è andata in onda l’ultima puntata de “il commissario Montalbano” in cui Salvo lascia Livia dopo più di 20 anni per mettersi con Antonia, una giovane collega, una figura particolare, una donna libera e forte, che cambia le carte in regola della fiction.

Il protagonista è caduto più volte in tentazione, ma l’amore per Livia aveva resistito. Stavolta, però, è diverso,  stavolta Montalbano tradisce con il cuore.

Quest’ultimo episodio sembra aver dato vita ad un personaggio diverso, meno razionale, forse confuso, che arriva a mentire ai suoi colleghi/amici, ma per altri aspetti sembra più vero, fatto di passioni reali, con le sue debolezze e che, proprio per questo ha provocato tante reazioni.

Tanti i commenti sui social. Gramellini lo ha definito “il pavido Montalbano”. C’è chi si è schierato con Salvo e chi, invece  con Livia.

Chi ha visto il razionale Montalbano lasciarsi andare all’emozione e chi lo ha criticato vedendolo come un uomo, ormai non più giovane che banalmente si innamora della giovane collega. Chi, ancora, si è identificato in Livia, la donna che è sempre stata “al suo posto”, una presenza-assenza, un personaggio accomodante, che non meritava di essere lasciata per telefono e chi invece la considera “una gatta morta”, un personaggio sempre insoddisfatto, che in fondo meritava di essere lasciata.

E infine c’era anche chi vedeva questo come un rapporto che non è mai veramente decollato perché Montalbano non ha mai chiesto in sposa la sua donna e non ha avuto figli da lei.

Perché l’epilogo di una fiction ha scatenato così tanti commenti e reazioni?

Noi tendiamo ad identificarci nei personaggi dei film o dei libri, in loro proiettiamo parti nostre ma nello stesso tempo possiamo prenderne le distanze e questo è il potere catartico della finzione scenica.

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Certamente tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati lasciati o abbiamo lasciato e ogni volta ci siamo ritrovati a dover elaborare il lutto della perdita.

Elaborare il lutto significa poter pensare a un dopo, pensare a qualcosa che sembrava impossibile e iniziare a rappresentarsi qualcosa di nuovo. Pensare a un dopo apre alla speranza, alla possibilità di immaginare che vi sia qualcosa che non conosciamo e che vale la pena di essere conosciuto.

Il superamento del lutto ci mette a confronto con la nostra capacità di rimanere vivi emotivamente in un mondo “impoverito” dall’assenza dell’oggetto d’amore. La nascita di una nuova speranza origina da una spinta vitale, che ha a che fare con la capacità di tollerare e accettare la separazione e la perdita, perché l’altro si porta via sempre una parte di noi, per cui, in qualche modo, dobbiamo elaborare un duplice lutto.

Si dice che essere lasciati sia più doloroso rispetto al lasciare ma in fondo poco cambia perché l’epilogo di una storia non è mai unilaterale ed uno dei due si trova costretto a dover prendere la decisione più scomoda. Ognuno elabora la separazione in maniera diversa, secondo il proprio modo di essere, la propria personalità, le esperienze precedenti, in base al rapporto con le figure di riferimento infantili. C’è chi cade in uno stato di profonda depressione e chi reagisce con rabbia e frustrazione. Questi sentimenti si sentono ancor più violentemente quando l’abbandono ed il rifiuto avviene in maniera del tutto improvvisa e senza apparenti spiegazioni. Tante possono essere le sensazioni provate. Certo essere lasciati per telefono o peggio con un messaggio senza la possibilità di un confronto e senza poter scaricare la propria rabbia sull’altro, produce una profonda ferita nell’anima.

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Viviamo in un’epoca individualista in cui spesso le relazioni sono instabili e superficiali. E’ più facile lasciare senza dare spiegazioni magari protetti dallo schermo di un telefono o di un computer.

Siamo sempre più vittime del cosiddetto “effetto Ghosting”.

 Questo termine, che in inglese significa “diventare un fantasma”, è un nuovo fenomeno che dilaga nell’era della connessione globale usato quando si tronca un rapporto, che sia di amicizia o di coppia, sparendo. Dopo una separazione ci ritroviamo soli, ci sentiamo abbandonati e spesso ingannati. Ma lasciare è anche un atto di coraggio. Tanti fatti di cronaca, purtroppo, ci ricordanoquanto alcuni uomini non riescono a lasciare e a farsi lasciare e il fatto che questo episodio sia andato in onda proprio l’8 marzo è ancora più significativo.

Come superare il dolore di una separazione?

Sin dalla nascita andiamo inevitabilmente incontro a situazioni di separazione e di perdita. Di fronte  al dolore dovuto ad un divorzio, una separazione o un lutto dobbiamo ricordare che l’amore per se stessi è quello che ci aiuta a superare il trauma.

È importante non fare la vittima: più si sta nel dolore più ci si  allea col dolore col rischio di rimanere bloccato in una spirale di tristezza e risentimento da cui è difficile uscire. Continuare a rimuginare è malsano e autodistruttivo. Accettare ciò che è accaduto è vitale per il processo di crescita e trasformazione interiore, senza autocommiserazione.

Bisogna ricordare che non abbiamo necessariamente bisogno di una relazione affettiva per colmare il vuoto lasciato dall’altro. Purtroppo molte persone pensano di dover trovare un nuovo partner per sentirsi bene, complete, intere ed amate. Il lutto va attraversato, non bisogna averne paura e considerarlo patologico a tutti costi, ma se non si riesce proprio a superarlo   conviene chiedere un aiuto professionale.

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