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Caduta sotto la scure della pandemia e dell’ultimo Dpcm, dopo lunghi mesi trascorsi in zona gialla, che hanno fatto sperare i più ottimisti in una più rapida uscita dalla catastrofe Covid, anche Roma e i romani, a causa di un indice Rt superiore a 1 in tutto il Lazio, fanno i conti con un arancione che spaventa e disorienta.
Dal 17 gennaio anche nella Capitale vigono regole più stringenti. Dalla Stazione Termini al Colosseo, dal Vaticano a Piazza Navona, il cuore della Città eterna si mostra semideserto: strade e piazze dello struscio irriconoscibili, serrande di ristoranti e bar abbassate, mezzi pubblici con poche persone a bordo e marciapiedi che lasciano campo libero ai gabbiani in arrivo dal vicino litorale.
Salvo la boccata d’ossigeno della scorsa estate, che ha fatto riassaporare a qualche turista, per lo più italiano, le bellezze romane, e riportato qualche euro nelle casse di albergatori e ristoratori, la macchina dell’accoglienza attende, ferita, una ripartenza che purtroppo tarda a venire.
Roma Caput mundi, insieme alle altre grandi mete italiane del turismo globale, Venezia e Firenze in testa, deve fare i conti con un’economia turistica temporaneamente annullata dalla pandemia.
I cancelli chiusi dei siti archeologici, dal Circo Massimo al Colosseo al Foro Romano, ben raccontano lo stato delle cose. Se la Roma dei romani, quella delle periferie, delle borgate e dei popolosi sobborghi, vive, o meglio, sopravvive, il centro storico, da sempre meta di vacanzieri di varia provenienza, fatica e non poco.
Dai negozi di lusso di via Condotti, mete predilette dei cultori internazionali delle griffe, alla piazza San Pietro dei grandi eventi religiosi, la parola d’ordine è standby. Per la maggior parte dei cittadini, invece, è austerity. Nota positiva della prima domenica arancione, il sole, che secondo le previsioni meteo riscalderà la Capitale anche nei prossimi due giorni.
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