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Non tutti sanno che l’ingresso principale allo storico Santuario Montalto è la ripida scalinata che parte da piazza Basicò, in cima a via Sant’Agostino. Prima del terremoto del 1908 non esisteva la via Dina e Clarenza e chi voleva accedere al venerato luogo di culto doveva intraprendere una gradinata che, dall’area oggi occupata da piazza Basicò, raggiungeva la vetta del colle di Montalto. Erede di questo antico collegamento pedonale è l’attuale rampa detta della Colomba il cui nome ricorda l’elemento fondante di questo importante santuario mariano.
Fu proprio una bianca colomba alle ore 12.00 del 3 Giugno 1294 ad indicare il perimetro di una chiesa da erigere sul colle della Caperrina in onore della Vergine Maria, come anticipato qualche giorno prima in un sogno dalla stessa Madre di Cristo ad un monaco di nome Nicola che viveva nel vicino romitorio di San Michele. A quell’appuntamento non mancò nessuno, l’arcivescovo, il senato e neppure la regina Costanza d’Aragona e la chiesa in appena un anno fu completata: una piccolo tempio di metri otto per quattordici con abside rivolta ad oriente.
Già quel colle, che domina il centro storico di Messina, aveva visto nel 1286 la presunta apparizione della Madonna in veste di Dama Bianca per difendere le vicine mura della Città dagli attacchi dei francesi durante la Guerra del Vespro.
A completare il luogo di culto l’8 Settembre 1300 giunse prodigiosamente anche un’ icona raffigurante la Vergine proveniente dall’Oriente che, imbarcata sulla stiva di una nave, fu trasferita in cima al colle da un carro tirato da buoi senza nessun conducente. In questo particolare luogo la Vergine cominciò ad essere invocata come Madonna dell’Alto o più comunemente di Montalto.
Il complesso religioso verrà affidato in un primo momento alla monache carmelitane ma dal 1392 passò definitivamente alle cistercensi che lo custodirono fino al 1866. Le monache di clausura edificarono il proprio monastero attorno alla chiesa inglobandola nella struttura, tanto che fino al 1908 la cima di Montalto era segnata da questa massiccia struttura quadrangolare. Il terremoto del 28 dicembre fece crollare tutto ma i messinesi ben presto ricostruirono l’antico tempio seguendo il perimetro indicato dalla colomba nel 1294 per poi, poco tempo dopo, ampliare l’edificio nelle forme attuali con le due tipiche torri campanarie.
Ritornando all’attuale rampa della Colomba, che ancora oggi permette l’accesso al Santuario, dal 25 Maggio 2019 è stata completata la sua riqualificazione con il collocamento di alcune installazioni artistiche derivanti da un progetto curato nel 2014 dalla Città Metropolitana con la direzione di Enzo Togo e Antonello Bonanno Conti. Si tratta di nove sirenidi realizzate in resina e decorate dagli artisti: Paolo Bossa, Antonello Bonanno Conti, Simone Caliò, Filippo De Mariano, Concetta De Pasquale, Carmelo Pugliatti ed Enzo Togo. Dopo essere rimaste in deposito per circa cinque anni sono state collocate dalla giunta De Luca su interessamento degli assessori Massimo Minutoli, Salvatore Mondello, Dafne Musolino e Vincenzo Roberto Trimarchi.
Le nove opere riproducono uno dei quattro mostri in ghisa della vicina fontanta di piazza Basicò. L’importante monumento fu realizzato nel 1842 per piazza Ottagona, oggi Juvarra, dal celebre architetto e scultore messinese Carlo Falconieri per il 1800° della Lettera di Maria Vergine ai Messinesi. I quattro mostri, fusi nel 1846 dalla fonderia Orete di Palermo, presentano rispettivamente il volto di un leone, di un uomo, di un delfino e di un grifone in riferimento agli elementi primordiali di terra, acqua e aria. Per la rampa della Colomba è stato preso come riferimento quello dal volto di volatile in riferimento al toponimo della stessa scalinata.
La fontana è stata collocata a piazza Basicò solo nel 1957 dopo essere rimasta in deposito tra i reperti del Museo Regionale dopo il sisma del 1908. Il nome della piazza non è riconducibile al ridente comune a valle di Montalbano Elicona ma invece ad un antico monastero francescano femminile che qui sorgeva fino al 1908. Santa Maria di Basicò viene fondata intorno al 1344 su autorizzazione di papa Clemente VI su richiesta della regina Elisabetta d’Aragona. Il toponimo Basicò deriverebbe proprio da basileus in riferimento al suo collegamento alla Corona di Sicilia grazie a concessioni e privilegi. Leggendaria la sua fondazione da parte di Camiola Turinga, dopo il mancato matrimonio con Pietro II d’Aragona mentre è storica la presenza in questo monastero della giovane Eustochia Smeralda Calafato, Santa dove prenderà i voti e poi deciderà di abbandonarlo per la fondazione del nuovo monastero di Montevergine per attuare la regola di Santa Chiara. Ricchissimo di opere d’arte, in parte oggi conservate al Museo Regionale, il complesso religioso subì gravi danni nel terremoto del 1783 ma con le leggi eversive del 1866 divenne sede di una caserma. Il terremoto del 1908 danneggiò gravemente le strutture e quindi fu abbattuto con la dinamite solo nel 1915.
Nei pressi di piazza Basicò, proprio all’inizio dell’attuale via Dina e Clarenza, sorgeva fino al 1908 anche una chiesa intitolata alla Madonna della Lettera che ben presto verrà chiamata di Santa Maria dell’Alto Basso. L’edificio risaliva al 1387 ed apparteneva alla contessa Pasqua Romano Colonna che la cedette ad una confraternita di nobili, per poi passare nel 1651 ad una confraternita di barbieri. Sull’altare maggiore si conservava il celebre dipinto dell’Adorazione dei Pastori di Polidoro Caldara da Caravaggio, oggi al Museo Regionale.
Una piazza ed una scalinata che conducono allo storico colle di Montalto: una ricca stratificazione plurisecolare di storia, arte e cultura rinnovata da un intelligente intervento di arte contemporanea e di riqualificazione urbana.
Marco Grassi
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