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Ci sono dei luoghi a Messina che andrebbero conosciuti maggiormente ma che rimangono in gran parte ignorati dalla cittadinanza. Uno di questi è una piccola ma antica chiesa che custodisce importanti memorie storiche, artistiche e religiose, si tratta di San Giovanni di Malta, già chiesa granpriorale dei cavalieri di Malta e Cappella Reale della dinastia borbonica.
Le origini di questo particolare luogo di culto, posto tra la Prefettura e la Questura, a pochi passi della frequentatissima villa Mazzini, sono più antiche e derivano all’opera evangelizzatrice di San Placido, discepolo di San Benedetto, che nel 535 edifica il primo nucleo monastico con annessa chiesa dedicata al Battista. Qualche anno dopo, il 5 Ottobre del 541, San Placido insieme alla sua comunità ed ai suoi fratelli carnali subirà atroce martirio ad opera di pirati di etnia vandala e di religione ariana, che in odio alla fede di Roma saccheggiano il monastero e massacrano tutti i suoi ospiti.

I corpi dei circa trenta martiri vengono sepolti dai messinesi alla rinfusa all’interno della chiesa e nel suo stesso perimetro, mentre quello dell’abate San Placido, dei suoi fratelli Eutichio e Vittorino e della sorella Flavia in un sarcofago marmoreo. Il sottosuolo conserverà per più di mille anni questi resti mortali mentre già dal XII secolo quello che fu il monastero benedettino verrà affidato ai cavalieri di Malta.
Proprio i cavalieri ospedalieri di San Giovanni fecero casualmente il ritrovamento delle sepolture dei martiri e compatroni di Messina in occasione dei lavori di ricostruzione ed ampliamento dell’antica chiesa di San Giovanni. Il 4 Agosto del 1588 fu fatta la prima scoperta che segnerà profondamente la storia di questi luoghi.
Scavando proprio sotto l’antico altare fu rintracciato il sepolcro di Placido e dei suoi fratelli ed appena fu smosso il sarcofago marmoreo scaturì dal sottosuolo una limpida e fresca acqua che allagò subito gli scavi di fondazione. Questa strana sorgente servirà a dare l’autenticità alle stesse reliquie ritrovate in quanto coloro che ne usufruirono furono beneficiati da doni spirituali e corporali.
Appena si sparse la voce numerosi infermi furono accompagnati in questi scavi per poter vedere i resti umani ritrovati e poter beve o toccare quest’acqua zampillante. Da subito furono registrati, con tanto di testimonianze giurate, i prodigi che pian piano si manifestavano. Questi eventi straordinari portarono a distanza di pochi mesi a confermare l’autenticità delle reliquie ritrovate con tanto di apposita bolla di riconoscimento fatta stilare da Papa Sisto V.
Ancora oggi a Roma nell’Archivio Segreto Vaticano sono consultabili lunghi elenchi di prodigi, avvenuti in quei giorni e negli anni a seguire, cui furono beneficiati sia gente del popolo che notabili ed aristocratici.
Si dice che anche lo stesso Michelangelo Merisi da Caravaggio, nel breve soggiorno messinese in fuga da Malta, fu testimone oculare della guarigione da morte certa di un giovane di nome Placido Ferrara, tanto che il pittore maledetto volle ricordare il prodigio con le ossa umane raffigurate nel celebre dipinto della Resurrezione di Lazzaro, oggi al Museo Regionale.

Molti penseranno che questa sorgente non esista più insieme tante altre memorie sacre di Messina. In effetti il terremoto del 1908 e la cattiva ricostruzione hanno tentato di cancellare questa storica fonte. L’antica chiesa ipogeica, posta sotto la chiesa di San Giovanni di Malta e costruita che conservare il luogo del ritrovamento delle reliquie e la fonte, è stata in gran parte distrutta ed occultata, ma l’opera infaticabile di recupero di Mons. Pantalone Minutoli fece rintracciare la preziosa sorgente facendo scavare un pozzo intorno agli anni cinquanta riuscendo a captare la prodigiosa vena d’acqua ed il sapore, a detta di alcuni sopravvissuti alla catastrofe, era lo stesso.
Ancora oggi nel giardinetto della storica chiesa il pozzo scavato da Mons. Minutoli permette di poter usufruire di quest’acqua che, fin dal 1588, funge da sollievo spirituale a quanti ne fanno richiesta. Addirittura secondo alcuni recenti beneficiari ha le stesse caratteristiche dell’acqua dei santuari di Lourdes o di Collevalenza, una fonte che testimonia dopo tanti secoli l’estremo sacrificio di San Placido e dei suoi compagni di martirio.

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