IL MISTERIOSO TESORO DELLA VIA CARDINES

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La breve strada pedonale che collega la chiesa dei Catalani alla via I Settembre è ciò che rimane di uno dei più importanti assi stradali della Messina dei secoli passati. Si tratta della via Cardines che un tempo collegava la piazza delle Due Vie alla Porta Marina della Palazzata e dunque al porto.

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Dopo il terremoto scomparve dal nuovo piano regolatore ed il suo ruolo viabile fu preso dalla nuova Cesare Battisti che in effetti venne chiamata in origine via Nuova Cardines.

La particolarità di questa antica strada, dedicata al vicerè di Sicilia Bernardino de Cardines duca di Maqueda, sta nel fatto che i vecchi messinesi raccontavano l’esistenza di un antico tesoro, una vera e propria truvatura la cui entità sarebbe stata simile a quella più famosa di Monte Scuderi.

Le truvature sono dei tesori nascosti che, secondo la tradizione popolare, possono essere ritrovati dopo un particolare e complicato cerimoniale.

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Pressappoco dove oggi sorge l’incrocio tra la via Ghibellina e la via Tommaso Cannizzaro passava la vecchia via Cardines ed un tempo sorgeva il ponte della Giudecca che prendeva il nome dal vicino quartiere ebraico.

Proprio in prossimità di questo ponte si trovava, fino al 1908, un palazzo ove era posta una particolare lapide, protetta addirittura da una robusta grata. Si trattava di una contorta iscrizione redatta in una lingua osca, forse proprio quella dei Mamertini, che proveniva da uno degli antichi templi pagani della città.

La tradizione tramandava che questa antica targa celava un grande tesoro che si sarebbe manifestato solo a quel fortunato che, con un berretto rosso in testa, a galoppo con un cavallo bianco e senza fermarsi, avrebbe letto l’iscrizione a voce alta e chiara.

Nessuno mai riuscì a scovare il tesoro e gli stravolgimenti del terremoto e della ricostruzione cancellarono definitivamente questi luoghi.

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Con grande sorpresa la lapide esiste però ancora ed è esposta nelle sale archeologiche del Museo Interdisciplinare Regionale di Viale della Libertà. Di questa lapide si interessò addirittura nel 1850 il celebre classicista Teodoro Mommsen che ne tradusse finalmente l’oscuro testo con questa versione: STENIO CALINIO FIGLIO DI STAZIO / MARA PONZIO FIGLIO DI NUMISIO / MAGISTRATI SUPREMI INNALZARONO / INSIEME COL POPOLO MAMERTINO  / AD APOLLO UN TEMPIO.

Si tratta quindi di una importante lapide dedicatoria del tempio di Apollo eretto dai Mamertini nel cuore dell’antica città e non di una ricetta di cucina come qualcuno avrebbe detto in passato. Del famoso tesoro nessuna traccia ma forse la vera truvatura sta nel ricoprire la grande storia di Messina che per secoli non fu seconda a nessuno.

Il giornalista e storico dell’arte Marco Grassi.

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