VIOLENZA E MALESSERE NELLA SOCIETÀ. DI CHI È LA COLPA?

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Fatti di cronaca come la morte di Willy Monteiro Duarte e quella di Maria Paola Gaglione,  avvenuti nelle scorse settimane, spingono a riflettere e ad interrogarci su cosa stia accadendo nella società contemporanea. Perché tutta questa violenza? Da dove nasce? Cosa possiamo fare per prevenirla? Di chi è la colpa? Della società? Della scuola? Della famiglia?

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Una società che non dà certezze

Certamente la società contemporanea non dà certezze né dal punto di vista sociale, né dal punto di vista economico. E’ una società che costringe a stili di vita sempre più stressanti ed esigenti, con una costante ricerca della perfezione estetica. Ciò porta molti individui a sviluppare sempre maggiori forme di malessere. I legami sociali tra gli individui diventano  più inconsistenti, più fragili. Viviamo in una società che non riesce a dare più alcuna sicurezza sia dal punto di vista affettivo che lavorativo, una società in cui il lavoro “per la vita” non esiste più, una società in cui mancano veri punti di riferimento, in cui prevale l’individualismo, il narcisismo, la competitività, la diffidenza, il malessere.

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Il malessere…

Il malessere per dirla con lo psicoanalista francese Kaes, è una “condizione esistenziale dell’uomo moderno caratterizzata da una sofferenza globale e generale del suo essere al mondo, un disagio legato alle trasformazioni che in questi ultimi decenni hanno attraversato i nostri sistemi sociali, economici e culturali”. Tali trasformazioni hanno portato all’indebolimento delle funzioni delle istituzioni. Si è perso il senso della socialità, della famiglia, della scuola.

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I modelli sbagliati

La nostra è dunque una società fatta di modelli sbagliati in cui prevale la violenza, la forza dell’arroganza, della prevaricazione, l’ignoranza, la mancanza di valori in famiglia, in cui la scuola ha perso il suo ruolo educativo. Oggi più di ieri gli esseri umani hanno difficoltà ad appoggiarsi a norme e valori consolidati. Tutto cambia, tutto è relativo. E’ cambiata la società, è cambiato il concetto tradizionale di famiglia. Siamo tutti più vulnerabili.

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La carenza del modello genitoriale

Una società fragile crea famiglie fragili e, di conseguenza, individui fragili. In famiglia si comunica sempre meno, i genitori non rappresentano più un modello affettivo e relazionale con cui ci si possa identificare. Ciò porta ad impoverire la “funzione del pensare” nei figli che sentono sempre più il vuoto e la noia. E nel momento in cui prevale la noia e l’assenza di sentimenti e nell’animo tutto appare buio e oscuro, spesso prevale la distruttività e la violenza. Questo determina sofferenza, ma anche difficoltà a vivere le emozioni e il dolore, determina uno stato interno di sopore, di indifferenza e di un malessere oscuro. Non esistono più emozioni private, con la nuova cultura “social” il privato, il familiare diventa pubblico, sociale, in una sorta di cortocircuito che brucia in un istante la dimensione della intimità, esperienza fondamentale, questa, per ogni crescita umana.

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C’è una soluzione?

Cosa possiamo fare? Molto importante sarebbe abbandonare lo schema dell’individualismo e creare buone relazioni. La psicoterapia rappresenta certamente uno strumento che rende possibile la costruzione di una relazione: è uno spazio sicuro in cui il paziente può sperimentare capacità che non pensava di avere. Tali capacità, al di fuori del setting terapeutico, lo aiuteranno a sentirsi più sicuro, a costruire relazioni più solide, a sviluppare il senso di gratitudine e a sentire la vicinanza con gli altri e trovare ciò di cui ha bisogno.

 

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