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La vicenda della dodicenne soccorsa in ospedale dopo aver bevuto due birre ed un cocktail lo scorso week end a Messina ripropone il problema del consumo di alcool da parte dei giovanissimi. La psichiatra Maria Trimarchi spiega il perchè di un disagio, purtroppo sempre più diffuso.
Il problema dell’abuso di bevande alcoliche, insieme al binge drinking (le cosiddette abbuffate alcoliche) ossia l’assunzione di elevate quantità di alcolici in un breve intervallo di tempo, è sempre più diffuso tra gli adolescenti e spesso sottovalutato anche se può comportare gravi danni per la salute. Ancora più preoccupante è il dato che ci indica che gli adolescenti si avvicinano all’alcol in età sempre più precoci, già a partire dagli 11-12 anni.
Abbiamo letto tutti quanto accaduto lo scorso sabato sera ad una dodicenne di Messina che è stata soccorsa in ospedale per un malore dopo aver bevuto 2 birre e un cocktail alcolico.
Sappiamo che l’adolescenza (termine che deriva dal verbo latino adolescere: crescere e da alere: nutrire) è una fase della vita molto delicata, in cui avviene il passaggio dall’infanzia alla vita adulta, un’età in cui mutano la percezione delle distanze interpersonali e in cui si modifica la rappresentazione di sé.
Tipico dell’adolescenza è il desiderio di ribellarsi ai modelli e alle regole imposte dagli adulti e di differenziarsi da loro, nel tentativo di costruire una propria identità. Ma spesso per sentirsi “grandi” gli adolescenti mettono in atto comportamenti che li espongono a rischi. Iniziano a fumare e ad abusare di alcool e di sostanze stupefacenti.
Ma quali sono i rischi cui va incontro l’adolescente che abusa di sostanze alcoliche?
L’abuso di alcol, in questa delicata fase di sviluppo può avere effetti gravi e portare a danni irreversibili fino ad arrivare in casi estremi, alla morte, anche perché spesso i ragazzi mischiano gli alcolici con altre sostanze (farmaci, sostanze eccitanti e droghe).
Il cervello dell’adolescente è ancora in fase di maturazione ed il lobo frontale del cervello e in particolare la corteccia prefrontale (quella da cui dipendono la cognizione, il comportamento e le risposte emotive), sono ancora immaturi. Questo porta a non valutare le reali conseguenze delle proprie azioni in modo responsabile, a sottovalutare i pericoli, a voler superare i propri limiti, sperimentando emozioni forti, senza avere alcuna consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni. Se a questo sommiamo l’effetto dell’alcol che altera la soglia del dolore e la capacità di percepire il pericolo, aumenta ancora di più il rischio di farsi del male. Basti pensare a quanti incidenti stradali tra i giovani (e non solo) sono causati dall’abuso di alcol.
Ma di chi è la colpa di tutto questo?
E’ facile attribuire colpe ai genitori che non sono abbastanza presenti, che permettono ai figli di stare fuori fino a tardi, che gli danno tutto, troppo. O alla scuola che ha perso il suo ruolo educativo. O ad una società che ha subito un cruciale cambiamento del clima intellettuale, in cui l’importanza attribuita alla connettività istantanea ha soppiantato la riflessività e l’introspezione.
E’ vero che queste tre istituzioni rivestono un ruolo fondamentale in termini contenutivi e preventivi e che certamente hanno delle responsabilità, ma è altrettanto vero che non si può generalizzare, che bisogna considerare il singolo caso ed intervenire in modo mirato.
Cosa si può fare?
E’ importante aiutare i ragazzi in questa delicata fase della loro vita ciascuno secondo il proprio ruolo proponendo modelli positivi e aiutandoli a rimettersi sulla giusta via prima che il comportamento occasionale diventi abituale.
I genitori devono cercare di rappresentare un modello positivo e un punto di riferimento, che sappia stabilire confini e limiti, che sia capace di ascoltare quello che i ragazzi dicono ed i segnali che mandano. La scuola deve fare opera di prevenzione anche attraverso incontri con specialisti del settore.
Fondamentale è la prevenzione.
Come ha detto il garante dell’infanzia Fabio Costantino, in occasione di quanto accaduto sabato sera, non dobbiamo delegare alla repressione e alla magistratura quello che dovremmo prevenire. Il periodo di lockdown in cui le scuole e tutti i centri di aggregazione e di svago sono rimasti chiusi non hanno migliorato la situazione, ma certamente la società si deve interrogare su quale modello sta proponendo ai giovani.
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